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Materia/Matter la mostra dedicata all’universo materno e al femminile dell’artista Iris Nesher

Iris Nesher attraverso video, ceramica e fotografia cerca di riportare lo spazio e il corpo della maternità di chi lo vive in prima persona: le donne

MATERIA/ MATTER
Alla Nomas Foundation di Viale Somalia,33 Roma
una mostra meravigliosa sulla Maternità
a cura di Raffaella Frascarelli
FINO AL 30 APRILE 2022 – martedì e venerdì dale 14:30 alle 19:00
Sito Web

Materia e maternità, due parole che nascono da una stessa radice indoeuropea a indicare che la vita è carne, corpo, sangue, eros …

L’artista parte dall’iconografia classica della maternità attraverso la fotografia: impossibile non pensare alla sofferenza e alla caduta, l’abbraccio della pietas di Michelangelo ma questa volta al posto del corpo di Cristo ci sono due donne: l’attrice Joy Rigger con la sua compagna Moran Rosenblatt che ha 12 anni in più di lei… “Un rapporto materno può essere stabilito anche all’interno di una relazione romantica. Ciascun partner può scegliere chi riveste il ruolo di madre. Talvolta piango dopo aver fatto l’amore con lei solo per avere un abbraccio materno. Spesso mi alzo la mattina e chiamo per sbaglio ‘mamma’ invece di ‘Moran’.

mostra maternità

Una mostra per mettere in luce tante maternità

Sono tante le maternità che mette in luce l’artista, come sono tante e tutte diverse le donne ed è forse questo che mi ha toccato maggior mente della mostra di Iris Nesher perché in Italia la maternità è uno spazio che raramente è riservato alle differenti diade madre-bambino/a.

Non c’è tempo per conoscere il vissuto della madre, quello che vive e sente, tutto dev’essere standardizzato e ricollocabile a delle date e dei limiti, il corpo della donna ha una scadenza (fino a 42 settimane si è semplicemente solo e ancora in gravidanza … eppure molto spesso e soprattutto nelle strutture ospedaliere forzano la data del parto anticipando la nascita); dalle madri dei miei corsi di ginnastica in gravidanza mi riportano frasi dalle strutture sanitarie come: “la placenta non fornisce più nutrimento, è vecchia, mi hanno detto che il bambino/a non cresce più”; ancora: “la dilatazione è a 5 cm da troppo tempo”, dicono in sala travaglio.. ma come ? L’avete misurata col righello? E poi cosa importa alla donna saperlo mentre è in travaglio? Perché procurarle altro stress e tensione?! Non sapete che il cortisolo, l’ormone dello stress, blocca il travaglio?… perché lo so io e non i ginecologi in sala parto? Oppure lo sanno ma imperterriti continuano a promuovere la nascita della violenza?

E perché alla nascita è così prioritario fare subito il lavaggio al bambino, misurarlo e pesarlo….ma gli date un attimo di pace? Ha appena fatto uno sforzo immenso il bebè assieme alla madre, avrà bisogno di pace, calma, contatto, nutrimento…. perché subito tagliare, lavare, pulire e pesare, farlo urlare?

A cosa serve?

A volte sono le stesse madri a chiederlo: “fatelo urlare, fatelo piangere, voglio sentire che è vivo” quando invece basterebbe semplicemente posarlo sulla pancia della mamma e farlo gattonare fino al seno per la sua prima poppata e finalmente sprofondare nel suo primo sonno terrestre, finalmente al sicuro dalla morte….

La coreografa Renana Raz con suo marito e due bambini nella terza fotografia della mostra, racconta nella didascalia sottostante: “Alla nascita del mio primo bambino, ho realizzato incredibilmente che nascita e morte sono lo stesso. Nel momento di dare la vita sono entrata in contatto con la morte, con la stessa intensità con cui sono entrata in contatto con la vita.”

mostra maternità

Madri: la necessità di tempo e tempi, rispetto, accettazione

Quanto mi ci ritrovo in queste parole, il potere di generare e dare luce ad una nuova vita è incredibile, è potente, travolgente è una porta che si apre verso l’immensità, lo sconosciuto, verso segreti non ancora svelati ma questo sentire può avvenire solo con un cambio di mentalità: la donna deve tornare ad essere protagonista attiva del suo parto e dobbiamo smetterla di continuare a trattare le donne (non solo in sala parto ma nella società) come se fossero eternamente figlie… non abbiamo bisogno di protezione ma di rispetto e accettazione, siamo tutte diverse e  non abbiamo bisogno di aderire tutte agli stessi canoni di bellezza, maternità e ruolo: siamo tante e irripetibili, non abbiamo tutte la stessa forma del seno, né della vulva, né viviamo tutte allo stesso modo la maternità….

Ma allora perchè ancora non possiamo decidere del nostro corpo? Perchè non possiamo decidere di stare a casa in maternità i primi tre mesi perchè abbiamo forti nausee e magari non gli ultimi tre in cui stiamo bene e vogliamo lavorare? Perchè non possiamo scegliere dove partorire? ( Ospedale, casa maternità o casa con assistenza ostetrica spesso non sono una scelta e in molte regioni d’Italia il parto in casa maternità o in casa non è rimborsato, solo in alcune regioni è rimborsato solo parzialmente). Perchè non possiamo decidere di portarci a casa la nostra placenta per poterla trasformare in medicinali per tutta la famiglia (vd. Medicina placentare) ?

.mostra maternità

Quando hanno operato di calcoli alla cistifelia a mia madre per ricordo le hanno dato i sassolini puzzolenti da portare a casa mentre in quasi tutti gli ospedali italiani alla richiesta di portarsi a casa la placenta (che non puzza) è una richiesta che viene quasi sempre negata… ma è nostra, potremmo farci quello che vogliamo no?!

E poi quando nasce il bebè, tutti quei commenti indesiderati, tutte e tutti pronti a dire fai così, fai colà, quasi a dire, tu non sai come si cresce un bambino, fai fare a me che ho più esperienza e invece d’incoraggiare l’ascolto e il legame e la nuova conoscenza tra mamma e bebè, si crea una nuvola di confusione e solitudine dove la mamma in una centrifuga ormonale da post parto si perde nel turbinio delle sue mille nuove emozioni, mischiate ai mille bisogni di un neonato che urla e piange e se ne è accorta Iris Nesher che nella prima fotografia della mostra fa parlare l’attrice Netta Garti: “ La maternità è piena di solitudine. Mia figlia non mi conoscerà mai veramente. Lei conosce la persona che le presento, le mie virtù, la persona che voglio essere, ma non conoscerà mai i miei lati oscuri e le mie afflizioni.”

Una riflessione sull’istinto materno

Non credo esista l’istinto materno che tanto ci hanno raccontato essere innato, nessuna donna è preparata al dopo, a quello che verrà, forse un po’ lo puoi aver visto dalle amiche ma quali? Quando ho partorito la prima volta a 32 anni mi mancavano le amiche con cui confrontarmi e condividere questa incredibile esperienza, le poche amiche che conoscevo e che erano diventate mamma non mi sembravano per nulla gioiose della loro nuova forma, non c’era nessun istinto materno, dovevamo imparare tutte, tutto e nessuno poteva insegnarci nulla, perché anche qui, i neonati sono unici e tutti diversi e non c’è un solo modo di crescere un figlio, c’è solo il nostro modo, il nostro ritmo, la nostra vita che deve imparare piano piano a ingranare con un nuovo essere umano che a ritmi e bisogni continuamente in fieri, ed è tutto un gioco di ascolto reciproco e di ritmi che pian piano vanno allineandosi tra bebè e genitori….

Davanti alla foto della coreografa Renana Raz con suo marito e due bambini ci racconta nella didascalia sottostante: “Alla nascita del mio primo bambino, ho realizzato incredibilmente che nascita e morte sono lo stesso. Nel momento di dare la vita sono entrata in contatto con la morte, con la stessa intensità con cui sono entrata in contatto con la vita.

Una donna dopo l’esperienza del parto ha una vita più ricca e più vulnerabile. Rimane vulnerabile per il resto della sua vita. La vulnerabilità è un bene che dev’essere preservato e riconosciuto. Viviamo in una cultura in cui essere forti è un bene. Se sei vulnerabile sei considerato debole e biasimato per la tua vulnerabilità. La maternità è il punto inafferrabile in cui convergono la sensibilità infinita e la totale cecità”

Cena di Famiglia, un’opera che fa riflettere

Il pezzo forte della mostra è l’opera “Cena di Famiglia”,  a mio avviso, un capolavoro dell’arte contemporanea. Una tavola imbandita con dei piatti in ceramiche saldati tra di loro da del filo di lino rosso sangue che scivola sotto la tavola, fino ai piedi del pavimento a formare un groviglio vivido ma nascosto, che sta ai piedi… intanto mangiamo, mangiamo e cresciamo e siamo venute al mondo da queste vagine tagliate (episiotomie) e ricucite, dalle sale parto traumatizzate, lasciate sole a partorire senza nemmeno il partner degli ospedali nei reparti covid di questi ultimi due anni, da una politica che non si cura minimamente del recuperare delle donne nel post parto sia fisico che emotivo che psicologico.

Mentre so che in altri paesi del mondo come in India la donna viene massaggiata per i successivi 40 giorni dal parto, in Cina esistono gli hotel per le nuovi madri dove possono recuperare le forze ed adattarsi a questa nuova forma di donna con i loro tempi, in Mexico vengono fasciate e coccolate con la pratica del Rebozo, in Germania lo stato paga alla neo mamma un servizio di ostetricia a domicilio per i primi 40 giorni di vita del bambino, in Francia la riabilitazione del pavimento pelvico è gratuita e promossa dalla sanità pubblica, in Spagna la paternità ed il congedo è equivalente per il padre e la madre ovvero 16 settimane, in Italia a mala pena i padri hanno 5 giorni…. devo continuare?

Mentre noi continuiamo a banchettare sul corpo delle donne, sperando che non impazziscano e come Medea si rivoltino contro i loro stessi figli e i loro partner, cresciamo i nostri figli e le nostre figlie con la convinzione che entrambi avranno successo, faranno carriera, avranno un ottimo stipendio ma sappiamo in realtà come vanno le cose, noi cittadine di serie B, lo sappiamo bene ormai come vanno le cose, basta leggere cosa hanno chiesto i giornalisti l’altro giorno a Samantha Cristoforetti in partenza per una nuova missione spaziale…. “A chi li lascia i figli?” Ma perchè non la fate anche ai padri questa domanda?

Iris Nesher è riuscita a dare voce, corpo e materia a tanti tipi di maternità, a sollevare tante domande e interrogativi, anche quelli riguardanti la maternità surrogata come nella fotografia n.5 dove la scrittrice Zeruya Shalev scrive: “Mia figlia maggiore è nata dal mio corpo, mentre mio figlio più piccolo è nato da un altro corpo femminile, quello di una donna che vive in un paese freddo e lontano. Mio figlio nella fotografia appare lievemente freddo e distante, eludendo il nostro abbraccio si differenzia da noi. A volte temo che, nonostante il nostro amore, lui rimarrà sempre un estraneo, un ragazzo alla deriva. Com’è esagerato il potere che si attribuisce all’amore, penso, talvolta, camminando a piedi nudi in un campo pieno di spine.”

mostra maternità

E ancora alla scelta di non essere o diventare madri come nella foto n.7 in cui la scrittrice Sarah Blau scrive: “Per molti anni ho conservato una bambola che avevo da bambina, sperando di darla alla figlia che un giorno avrei avuto. Non ho preso la decisione di non avere figli, ma ho permesso alla decisione di sopraffarmi. Gli ovuli nelle mie ovaie stavano diminuendo, gli amici mi chiedevano che ne pensassi di fare un figlio da sola. Ho attraversato tranquillamente gli ultimi, pochi, anni fertili e sapevo che mi stavo condannando a vivere una vita senza un figlio. E ho sentito che andava bene”

Andare a vedere MATERIA significa decidere di andare a conoscere diverse esperienze di chi la vita la crea o sceglie di non crearla, di chi ha sentito vicino la morte non solo come un tabù ma come una sorella che ci accompagna in ogni istante, un’amica che non ci abbandona mai, significa andare a toccare la sensibilità, la vulnerabilità e l’incertezza di vivere un ruolo, quello di madre che forse non è come ci hanno sempre raccontato debba essere per forza, uguale per tutte, significa accettare le differenze ed imparare ad amarle, significa dare fiducia ed ascolto al sentire delle donne.

Martina Sperotto

 

 

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