L’autismo è una neurodiversità per la quale è fondamentale riuscire a fare una diagnosi precoce: una preoccupazione di molti genitori di bambini piccoli. Leggiamo il parere della Dott.ssa Tiziana Capocaccia, che ha lavorato con molti bambini e ragazzi autistici
In occasione della Giornata dei Calzini Spaiati, che cade ogni 5 febbraio, ho deciso di rivolgere alcune domande alla mia amica e collaboratrice Dottoressa Tiziana Capocaccia – qui il suo sito Favolazione – laureata in psicologia dell’età evolutiva, autrice di molti post che avete letto qui, ma, soprattutto, con una consistente esperienza in fatto di terapia dell’autismo.
Diagnosi precoce dell’autismo: tante teorie, approcci, possibilità
Ovviamente spero che si tratti di un primo passo in questo mondo, poiché la stessa Dottoressa Capocaccia ci ha tenuto a precisare che ci sono moltissimi punti di vista, teorie, approcci, terapie differenti, così come sono tanti i livelli di autismo dei vari pazienti.
Nell’attesa, quindi, di ascoltare varie campane, leggiamo le risposte dell’esperta sulla Diagnosi precoce dell’autismo.
Cara dottoressa Capocaccia, lei ha lavorato a lungo con bambini e ragazzi autistici. Ci può raccontare la sua esperienza? Che età avevano questi bambini? Che tipo di approccio aveva con loro?
Ho lavorato soprattutto con bambini in età scolare, ma anche con alcuni bambini in età prescolare e alcuni ragazzi grandi.
La mi esperienza è iniziata nel 2004 con una ragazza grande di oltre 20 anni. Dopo di lei, nel 2005 è iniziato il mio viaggio con i bambini. Ciascuno di loro mi ha insegnato cos’è l’autismo. Ciascuno di loro mi ha insegnato il “suo” autismo. Perché è più giusto parlare di “autismi”.
Il mio approccio è sempre stato di grande rispetto, in punta di piedi, osservando e cercando di “fare amicizia” perché è solo attraverso la relazione che si veicola l’apprendimento. Senza una buona relazione non possiamo insegnare.
Ho fatto alcuni percorsi formativi di stampo comportamentale, molto utili e funzionali per certi aspetti, ma talvolta mancanti nell’aspetto delle emozioni, che invece anche se difficili da capire e comunicare, e assolutamente “non comportamentali” nelle definizioni, sono però fondamentali, perché sempre presenti.
A che età viene fatta in genere una diagnosi di autismo?
Sebbene già dai 18-24 mesi sia possibile osservare caratteristiche peculiari nella socializzazione, nella comunicazione, la diagnosi viene formalizzata attorno ai 3-4 anni. A volte anche dopo.
A quanti anni invece si possono riconoscere i primi segnali e quali possono essere? E’ possibile individuarli anche nel primo anno di vita?
Ci sono degli aspetti da tenere in considerazione che si possono rilevare anche molto presto: un bambino che non guarda negli occhi, che non risponde se chiamato, che non sorride, che non indica.
Ci sono dei “test”, chiamiamoli così, che un genitore può provare a fare con il proprio figlio per capire se effettivamente c’è questo rischio?
Esiste un test base indicato anche dai pediatri, cui ovviamente rivolgersi primariamente quando si hanno dei dubbi, è la CHAT: Checklist for Autism in Toddlers. La si può trovare a questo link: https://autismoitalia.com/sezione-12-sottosezione-43-id-161-rilevazione-chat.htm
Quanto è importante intervenire precocemente e a quali risultati può portare nel migliorare il rapporto col mondo e la qualità della vita del bambino e della sua famiglia?
Certamente intervenire al più presto è importante perché significa riuscire quanto prima ad accogliere quel bambino con le sue caratteristiche aiutandolo a esprimere quel di cui ha bisogno se da solo non riesce, facendolo sentire compreso.
A volte una grande frustrazione è non riuscire a sentirsi compresi e non riuscire ad esprimere quello di cui abbiamo bisogno, a pensarci bene questa è una grande frustrazione per tutti noi, anche se ovviamente in modi differenti e specifici a seconda dei casi. Rischiamo, per usare un linguaggio comportamentale, di “rinforzare”, senza volerlo, comportamenti difficili.
Se una mamma o un papà che ci leggono avesse il sospetto… cosa gli consigli di fare? A chi si devono rivolgere per primi?
Sicuramente prima di tutto ci si rivolge al proprio pediatra che aiuta osservando il bambino e facendo domande specifiche ai genitori per rilevare quei segni, come la mancanza dello sguardo condiviso, del sorriso, dell’indicazione, della risposta al proprio nome se chiamati, che possono indurre ad un approfondimento diagnostico.
Di nuovo, occupiamoci dei genitori: non è semplice combattere con il dubbio di una possibile diagnosi di autismo e spesso, quindi, un genitore tende a rimandare un consulto che potrebbe fargli guadagnare del tempo prezioso… Hai due parole per dare coraggio a queste famiglie?
Che domanda complessa mi fai, ma è vero. È difficile. Credo possa aiutare dirsi che richiedere un consulto in merito è qualcosa che si fa per aiutare al meglio che si può il proprio bambino, per dargli tutto quello di cui ha bisogno.
Che tipo di terapie si possono fare con bambini molto piccoli? Da che età si può cominciare e in cosa consistono le terapie per l’autismo?
Personalmente credo che la playtherapy, ancora forse non molto conosciuta in Italia, sia una forma di terapia efficace. I metodi comportamentali sono quelli riportati dalle linee guida e sono davvero efficaci però quel che ho sempre pensato è che i principi del comportamentismo, l’analisi del comportamento e la loro applicazione sono tecniche valide e importanti.
Sono un’“ossatura”, poi bisogna appoggiare su questa “ossatura” “muscoli e pelle” occupandoci anche tanto delle emozioni, sempre presenti in una relazione terapeutica, fondamentali anzi, forse davvero la condizione più importante per la riuscita di un trattamento.
Per farsi un’idea delle terapie si tratta per lo più di costruire attività, giochi, che stimolino il bambino verso apprendimenti necessari. Può trattarsi dell’imparare, ad esempio, ad utilizzare delle immagini per comunicare.
Ricordiamo anche che l’autismo non è una malattia, si parla in realtà di neurodiversità… puoi spiegarci meglio questo concetto?
È vero. L’autismo non è una malattia anche se si fa fatica con questo concetto poiché si fa un percorso fatto di diagnosi e medici, di valutazioni e terapie.
L’autismo è una condizione esistenziale. Purtroppo questo mondo è difficile per una persona con autismo.
Ogni bambino con autismo ha un suo autismo, da capire e aiutare a stare in questo mondo con la miglior qualità di vita possibile.
E la sindrome di Asperger?
La sindrome di Asperger identifica tutte quelle situazioni di autismo in cui non è presente ritardo cognitivo. Nel DSM – 5 (2013) la Sindrome di Asperger rientra nei Disturbi dello Spettro Autistico che sono caratterizzati da “deterioramento persistente nelle comunicazioni sociali reciproche e nelle interazioni sociali in diversi contesti” e da “schemi comportamentali ripetitivi e ristretti”, entrambi presenti fin dall’infanzia.
Come possiamo spiegare l’autismo ai nostri bambini, anche per comprendere meglio i suoi amici?
Io ho scritto tre libri in merito, proprio per aiutare i bambini a comprendere la diversità dei loro amici. Questo perché capire come fare amicizia con un amico speciale è sicuramente un grande arricchimento per bambini (e diciamo anche adulti!) di ogni età.
Ognuno dei bambini e ragazzi con cui ho lavorato mi ha insegnato qualcosa, ciascuno di loro aveva le sue abilità specifiche e le sue attività preferite. Ma la cosa più importante che mi hanno insegnato è a stare bene insieme.
E così, dal 2004, ho scritto IL GATTINO BLU, CIPPILU’ LO SCOIATTOLO DEL PIANETA BLU e anche il testo di IL MIO AMICO E’ UNICO, nato dalla collaborazione con la Dottoressa Fabiana Sonnino, presidente della COOP Tutti Giù per Terra ONLUS con le illustrazioni proprio di un amico speciale, Diego Achilei e che già aveva illustrato Cippilù.
Qui potete trovare i link per acquistare e scaricare gratuitamente (nel caso di Cippilù) i tre libri di Tiziana Capocaccia