Siamo rimasti chiusi in casa per un tempo che ci è sembrato infinito per via di un Virus. Le nostre abitudini, soprattutto quelle dei nostri bambini, sono state stravolte. Cosa possiamo imparare dall’esperienza di questo isolamenteo da pandemia?
Da che mi ricordo, nonostante io allevi ipocondria e ansia per hobby, ho sempre cercato di vedere il lato positivo delle cose. È un po’ una filosofia di famiglia, tanto che mi immagino una scenetta, tipo tragedia in due battute di Campanile, con un assistente che chiede all’universo o a qualche deità non meglio definita “Capo, e questo casino qui che ne facciamo?” “Boh, mandalo a quella famiglia lì: in qualche modo se la caveranno, vedrai”.
Così la mia mente fin da subito ha cercato di trovare il positivo in questa clausura improvvisa e forzata, anche se era difficile col pensiero delle tante persone ricoverate, di chi moriva, di chi viveva nel terrore essendo ad alto rischio.
C’è da dire che, nonostante la mia grande voglia di andare in giro a scoprire posti come ben sapete, amo molto anche stare a casa. O meglio, amo stare a casa quando l’alternativa è una routine forzata, dai ritmi paurosi, che ti schiaccia come un cingolato. Tutto pensavo, nella mia vita, meno che sarei diventata una di quelle persone che si svegliano prima delle 6.30!
GODERSI IL RISVEGLIO, DA SOLI O CON I FIGLI
La prima cosa che mi sono goduta è stata la possibilità di fare un pochino più tardi la sera, potendosi svegliare un po’ più tardi. È noto che sono soprattutto le madri che vanno a letto tardi, quando tutti dormono da un pezzo: questo per ritagliarsi un po’ di tempo per se stesse.
E la mattina? Degli zombie frenetici nella corsa di colazioni, lavaggi, preparazione cartelle.
Ecco: durante la quarantena mi sono vista una marea di film, documentari, ho letto libri e la mattina mi sono goduta un risveglio coccoloso con mia figlia senza doverle dire ogni secondo, “Dai amore, è tardi!”
ANDARE AL MERCATO E FARE LA SPESA DAI PICCOLI PRODUTTORI DI QUALITÀ
I primi tempi del lockdown ho fatto la spesa soprattutto online su Cuc.Bio. Alternavo questi acquisti con timide uscite al mercato rionale.
Confesso che detesto i supermercati, le stramaledette luci al neon. Quando mi sono trasferita a Torino per studiare, all’inizio mi sentivo un po’ persa: mi rifugiavo nei colori e fra le voci del mercato di Porta Palazzo. Lì non ero nessuno, ma era come se conoscessi tutti: saluti, chiacchiere, calore umano, storie dietro anche un semplice mazzetto di zucchine. Il mercato e il cibo contadino hanno un calore umano che vi scalda il cuore e vi fa tornare a casa col sorriso.
RICORDARCI CHE SIAMO UNA COMUNITÀ
Mi lavo le mani, igienizzo, indosso la mascherina, magari faccio una donazione a quell’associazione benefica o a quell’ospedale. Questa quarantena ci ha resi tutti più connessi – e non parlo di internet – ci ha ricordato che siamo davvero parte di una comunità.
E, forse, anche che abitiamo un pianeta bello, unico nell’universo conosciuto, del quale dovremmo prenderci più cura visto che non ne abbiamo un altro e che questo virus è forse la conseguenza del nostro comportamento scellerato.
Perciò spero che questa esperienza ci insegni che le nostre azioni hanno delle conseguenze. E mi viene in mente il discorso leggendario del grande scienziato Carl Sagan.
LO SMART WORKING
Assolutamente adorabile, a mio avviso. Certo non con i figli in giro per casa, sono d’accordo, ma personalmente sono diventata molto più produttiva.
A livello generale, tiriamo le somme su alcune ovvietà: meno traffico, meno stress, meno inquinamento. Serve altro?
LAVARSI PER BENE LE MANI!
Io sono una disordinata cronica, una casalinga orribile ma ho la mania di lavarmi accuratamente le mani da sempre. Di stare attenta a cosa ho toccato, dove, con il gel in tasca già da prima della pandemia: niente fobie, solo un po’ di logica e buonsenso.
CUCINARE (e non solo) ASSIEME AI NOSTRI FIGLI
Corriamo, compriamo cibi pronti, ci ingozziamo un panino ma… appena abbiamo potuto abbiamo riscoperto il piacere di fare il pane, la pasta in casa, gli gnocchi, una frolla fragrante che dal forno sparge un profumo che non somiglia a nessun altro.
I tempi lenti, la scoperta che il pane non cresce dal fornaio e la pasta non nasce nella confezione di plastica, le manine che si immergono in consistenze nuove e imparano. E assaggiare, insieme, ciò che si è riuscito a creare con amore.
CERCARE INFORMAZIONE DI QUALITA’ E FIDARSI DI PERSONE COMPETENTI
Ovviamente, anche sotto quarantena, non sono mancate bufale, ingigantimenti, notizie false e complottisti all’arrembaggio. Credo che questo abbia reso ancora più evidente la pericolosità di certi fenomeni.
Per conto, abbiamo forse finalmente anche capito che la medicina non è una scienza esatta, ma un lavoro fatto da persone che in questa emergenza si sono spese allo stremo delle forze e hanno mostrato il loro valore e la loro qualità.
Abbiamo capito, quindi, quanto è importante che ruoli decisionali e di responsabilità vengano affidati a persone davvero preparate. Che la meritocrazia non è solo un parolone su cui impostare campagne elettorali, ma un mattone su cui costruire un domani che non rischi di crollare da un momento all’altro.
RICORDARCI QUANTO È BELLA LA LIBERTA’
Apprezzare di più una passeggiata all’aria aperta, la libertà di andare in un cinema, a teatro, in un parco o alle giostre. Non è scontato, ora lo sappiamo. Eravamo dei privilegiati e non ce ne rendevamo conto: questa pandemia ha colpito soprattutto la parte di mondo “ricca”, quella dove c’è cibo in tavola tutti i giorni, medicine, infinite opzioni di divertimento.
MOSTRARCI LA FORZA E IL CORAGGIO DEI NOSTRI BAMBINI
Sono loro i piccoli eroi di questa pandemia. Mentre c’erano anche gli haters da finestra, che insultavano chi era in strada ignorando che magari fosse un medico o un infermiere che andava a lavorare, mentre noi ci lamentavamo, litigavamo, mentre la gente si lamentava per le misure troppo restrittive, loro hanno dovuto sopportare la mancanza di contatto, di amici, i compleanni in videochat, le videolezioni, la totale assenza di didattica per i più piccoli e un mondo che, per due mesi, sembrava quasi esserseli dimenticati.
Hanno imparato a non toccare l’altalena, a indossare la mascherina, a disinfettare le mani e intonare canzoncine che spiegavano in modo simpatico quel virus che poteva fargli fuori i nonni.
Dopo decenni di bambini forse un po’ viziati, questa sarà la prima generazione di bimbi e giovani che avranno dovuto fare i conti con qualcosa di davvero più grande di loro, di spaventoso e destabilizzante.
Coltivo in cuore, la speranza, che sapranno fare meglio delle loro e nostre vite, e di questo Pianeta, di quanto non abbiamo saputo fare noi.