I bambini timidi sono da sempre oggetto di esortazioni e consigli da parte di parenti e amici. Ma la timidezza è davvero un difetto? Bisogna correggere la timidezza? Ne abbiamo parlato con Tiziana Capocaccia, laureata in psicologia dell’età evolutiva e autrice di fiabe per trattare temi difficili
TIZIANA CAPOCACCIA
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Da bambina io non ero affatto timida, attaccavo bottone con tutti e, anzi, mi sentivo in dovere di raccontare di tutto anche al primo che passava. Peccato non ci fossero i blog negli anni ’80, altrimenti avevo già iniziato allora.
Mio fratello, invece, per i primi tre o quattro anni della sua vita era un paio di piedi che spuntavano dai cappotti lunghi di mia madre. Fortuna che mia madre, avendo anche lei un temperamento a dir poco riservato (per non fare la recita, da bambina, fece crollare le scenografie. I cromosomi, per dire) non lo forzava e lasciava che i suoi giacconi fossero il rifugio della timidezza di questo bimbo coi capelli biondi che con gli estranei non ne voleva sapere di attaccare bottone. Io ero incredula: perché farsi scappare l’occasione di rompere le scatole a tutti?
Detto ciò, parliamo di bambini di timidi, di timidezza e di come gestire la timidezza dei bambini, anche i più piccini, ammesso che ci sia qualcosa da gestire. E lo facciamo con una vera esperta, la nostra dottoressa in Psicologia dell’Eta Evolutiva e autrice di Fiabe per affrontare piccoli e grandi problemi dei bambini, Tiziana Capocaccia.
Per prima cosa, cara Tiziana, la timidezza è un problema per chi ce l’ha o per chi sta vicino a chi ce l’ha che sembra sentirsi obbligato in ogni modo a spronare il bimbo timido a superare la sua timidezza?
Ecco, diciamo subito che la timidezza non è un “problema” ma una caratteristica umana. Vederla come un problema, spinge anche chi la possiede a percepirla come tale e a sentirsi “problematico”. Purtroppo spesso si pensa che la timidezza sia una difficoltà e la si vive come tale, si tende a spronare i bambini timidi, ma anche gli adulti timidi, in modi magari per loro poco congeniali.
A cosa serve la timidezza?
La timidezza comporta provare disagio nelle situazioni sociali nuove e sconosciute. Serve ad avere prudenza, appartiene a persone sensibili e consapevoli della loro sensibilità in contesti sociali.
Si prova timidezza in situazioni sociali e ha a che fare con la paura degli sconosciuti. La paura è un’emozione base indispensabile, funzionale alla sopravvivenza. Ci permette di percepire i pericoli e metterci in salvo.
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Come mai alcuni bambini sono timidi e altri spavaldi? È proprio necessario superare la timidezza o può essere invece anche una risorsa?
Essere se stessi è il segreto della felicità. Siamo ad un modo e diventare consapevolmente se stessi, realizzando chi siamo veramente è scopo del viaggio esistenziale. Per cui sicuramente chi è timido ha diritto e necessità di vivere serenamente la propria caratteristica di persona timida.
L’aiuto che possiamo dare ai bambini che risultano timidi è agevolarli nel loro modo di essere, ad esempio fornendogli la possibilità di conoscere gradualmente una situazione nuova, di avere sempre se possibile a disposizione qualcosa di familiare, tipo andare insieme ad un amico caro ad una festa dove non si conosce quasi nessuno.
Come giudichi i tentativi di chi spinge e sprona in tutti i modi, anche in presenza di estranei che appunto sono la scintilla che fa scattare il fenomeno nel bambino, i bambini a forzare il proprio carattere?
Questo non aiuta per più motivi. “Forzare” spinge i bambini a voler rendere felici i genitori sforzandosi di essere come non si è e provando disagio. O addirittura può far “chiudere” ancora di più perché ci si sente “attaccati”.
In ogni caso comunica il messaggio che la timidezza sia qualcosa di negativo, che quindi il bambino ha qualcosa che non va e finirà anche lui per vivere male la sua condizione.
E la timidezza nei bimbi molto piccoli? È bene riconoscerla e comprenderla fin dall’inizio o trattarla semplicemente come una particolarità del carattere?
È bene comprenderla fin dall’inizio E trattarla semplicemente come una particolarità del carattere. Una particolarità che ha le sue necessità. Così come sarà bene concedere spazio e attività di movimento ad un bambino che si mostra molto attivo e bisogno di “scaricare” tutta la sua energia ad esempio, al bambino timido sarà necessario fornire certe attenzioni: come dargli modo di familiarizzare gradualmente con situazioni e soprattutto con persone nuove.
Timidezza, paura e insicurezza… qual è il legame fra questi tre stati emotivi?
La timidezza è quella condizione di sensibilità particolare nelle situazioni sociali nuove e sconosciute, una prudenza a questi contesti sociali nuovi che si ha necessità di conoscere poco a poco. In situazioni sociali nuove per la sua sensibilità e consapevolezza dell’emozione provata il timido si sente insicuro, questo porta a sentirsi a disagio, soprattutto si può sommare ulteriore disagio se abbiamo appreso che la timidezza è una cosa negativa anziché aver appreso nel tempo che siamo persone timide e che ci sentiamo a nostro agio solo se possiamo familiarizzare per gradi con i contesti sociali nuovi.
Tu hai scritto un libro con all’interno sei attività per aiutare i bambini timidi e chi si occupa di loro. Quando va aiutato un bambino timido?
Un bambino timido va aiutato a sapere che può star bene con la sua timidezza se impara a gestirla. Se chi si occupa di lui sa cosa significa essere timidi e cosa aiuta le persone timide, senza stigmatizzare la timidezza.
È inoltre bene tenere a mente che non sempre diventeranno adulti timidi quei bambini che da piccolissimi presentano caratteristiche riconducibili alla timidezza. D’altro canto, alcuni bambini che da piccolissimi presentano caratteristiche che differiscono dalla timidezza, potrebbero per diverse ragioni divenire timidi da grandi.
Spesso chi si dichiara timido, soprattutto dicendolo in pubblico, dimostra in realtà di non esserlo. Questo può darci un’idea fuorviante della vera timidezza. Magari si tratterà di persone che hanno avuto momenti di timidezza, ma non sono persone timide. Oppure, può trattarsi di persone che sono state timide in passato. Quello che ci stanno comunicando, dicendo in pubblico di essere timidi, è “guarda cosa faccio nonostante io sia timido”. Tuttavia, si tratta di una comunicazione che trae in inganno. È bene distinguere un fatto: un conto è aver vissuto momenti di timidezza, un altro conto è essere timidi.
Sempre nel tuo libro, ci sono quattro fiabe per parlare ai bambini di timidezza. Ci puoi accennare brevemente le storie che hai scritto?
Certo. La fiaba dal titolo “Gelsomina la vita è una fantastica avventura” racconta la storia di una bambina che per la sua timidezza rischia di non vivere la bellezza dell’amicizia e del gioco con gli altri bambini.
“Edo del mondo rotondo ed Emy del mondo appuntito” e “Orso del pianeta numero 11” raccontano di come affacciarsi poco per volta all’interazione con gli altri sia utile a superare la paura di uscire dal guscio, per godersi le amicizie e le situazioni nuove.
“Il coniglietto di marshmallow” spiega l’importanza di proteggere la propria sensibilità, senza smettere di essere sé stessi.
Tiziana Capocaccia era una bambina timida? E oggi che mamma e che donna è? Qual è il futuro di un bambino timido?
Come accennato non è detto che un bambino che presenta alla nascita le caratteristiche della timidezza diventi un adulto timido. Possiamo, inoltre, avere momenti di timidezza senza essere persone timide. Il futuro di un bambino timido dipende da tante variabili. Il come viene considerata la sua timidezza avrà sicuramente un peso.
Tiziana Capocaccia è stata una bambina intimidita, purtroppo certe consapevolezze educative non erano presenti a cavallo tra gli ultimi anni settanta e gli anni ottanta. Ora sono una persona timida che però se la cava, grazie alla consapevolezza acquisita per gli studi e il percorso compiuti.