Ogni genitore se potesse, quando vede il proprio figlio stare male, prenderebbe volentieri il suo malanno se questo servisse a farlo guarire.
Possiamo dire che vale lo stesso principio logico quando il proprio figlio si fa male?
Il dolore procurato spesso e volentieri è figlio di distrazione, di sovra eccitamento, di non ascolto da parte del bambino che sicuramente è stato invitato a smettere, a calmarsi, richiamato con qualche strigliata da parte del genitore precedentemente.
“Non correre, non ti arrampicare, non passare lì, stai attentoooo!”
Inutile dire te l’avevo detto o se ti fai male ti do il resto
Tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo usato la frase. “Te l’avevo detto” ma a cosa serve onestamente averlo detto?
“Si ok, me lo avevi detto, mamma, non lo farò più, ho capito ma adesso comunque sono caduto e mi fa male, consolami, non rimproverarmi.”
Avete davvero mai dato il resto?
Dai come si fa ad aggiungere dolore al dolore, non si può dare il resto, si sa.
Perché far nascere un senso di paura e frustrazione in nostro figlio, quando dopo esser caduto ed essersi fatto male vorrebbe solo essere abbracciato e invece nasconde il graffio, copre il taglio, pulisce il sangue pur di non essere mortificato più di quanto non lo sia già?
Le prime bugie iniziano per colpa dei genitori?
Ho sempre pensato che un bambino dice bugie perché noi non lo educhiamo a dire la verità. Io stessa ho erroneamente usato frasi come “Non ti azzardare a fare questa o l’altra cosa”, se non deve azzardarsi e poi per curiosità, per sfida o semplicemente perché non ancora consapevole dei pericoli si azzarda e conseguentemente sbaglia, come fa a dirmelo se io ho messo un muro?
Vorrei imparare a crescere mio figlio mostrandogli i pericoli ma lasciandolo libero di testarli da se, vorrei dirgli quel che a me fa paura, ma permettergli di avere le sue personalissime paure e le sue sane dosi di coraggio anche se questo significa vederlo da lontano far qualcosa di cui non sono del tutto entusiasta.
Ideologicamente almeno la penso così, ma a fatti credo di averlo limitato spesso, mettendo dei freni ai suoi test personali con il mondo.
Fin dove posso permettergli di provare inceppando anche in piccoli incidenti che spaventano ma lasciando che capisca da se che con me può parlare, raccontarsi e soprattutto non sentirsi giudicato?
Nella quotidianità di un bambino cadute o incidenti che gli procurano dolori e ferite sono all’ordine del giorno e spesso il pianto che ne consegue non sempre è dato dall’intensità del dolore, quanto più dallo spavento o ancora dalla mortificazione di aver sbagliato i calcoli di arrampicata, di corsa, di salto davanti a qualcuno che invece sarebbe dovuto restare colpito da tanta agilità.
Colpo di scena
Loro stessi sono vittime di un colpo di scena, di un risultato ribaltato rispetto ai calcoli e le aspettative che avevano.
Lo shock per la vista del sangue, per il dolore o la paura spesso e volentieri li porta a delle urla o al pianto.
Piangere è normale e sano e attraverso lo sfogo delle lacrime che rigano il viso il bambino si calma e si rasserena.
Altre volte i bambini alzano i decibel delle urla arrivando a toni quasi isterici, altre negli occhi sono palesi segni di paura forte che non è controllata o gestita. Appurato che il danno non è grave e non è necessario l’intervento medico o la corsa al più vicino pronto soccorso, dobbiamo lavorare sul monitoraggio delle urla e sul rientro della paura; spesso è necessario sdrammatizzare e far capire al bambino che non è solo e che è tutto sotto controllo.
Il panico del genitore aggiunto a quello del bambino non aiutano, una dose di self control da ingoiare nell’immediato è quel che serve alla figura adulta di riferimento per far superare l’agitazione del bambino e permettergli di gestire dolore, fastidio o paura come una normale conseguenza dell’incidente di cui è stato vittima.
L’ospite indesiderato
Se avete capito che la consolazione con vostro figlio non funziona, potrebbe tornar utile parlare del taglio, del bernoccolo, della sbucciatura, del graffio come se fossero degli ospiti indesiderati che hanno occupato il suo corpo senza il permesso e giocare ad interrogarsi su cosa stia combinando quel villano del graffio sul viso, quella vigliacca della crosta sul mento, quella fastidiosa sbucciatura del ginocchio, quel rompiscatole di bernoccolo e così via.
E’ un modo, come un altro per distaccare il bambino dal dolore e prendere le distanze da quel male che non lo appartiene ma piuttosto guardarlo da fuori e misurarsi con lui.
La magia cura cura
Qualcuno lo chiama il guarisci bua, o anche il guarisci tutto, o ancora il pussavia dolore.
Noi la chiamiamo la magia del cura cura.
Spesso iniziamo il nostro rituale di guarigione con una filastrocca spagnola:
Sana sana colita de rana
Si no sanas hoy
Sanarás mañanaSana sana colita de rana
Si no sanas hoy
Sanarás mañana
I bambini hanno bisogno di distrarsi dal dolore e di non pensarci costantemente e in questi casi appigliarsi al super potere del genitore che con il suo amore, il suo affetto e la sua esperienza può portargli via la bua è un effetto placebo super terapeutico.
Spesso quindi oltre alla medicina o al cerotto serve anche un po di magia cura cura che spazza via il dolore perché la mamma o il papà lo desidera intensamente tanto da farlo scomparire, o quantomeno attenuare.
Si tratta di un massaggio rigenerante rilassante, ovviamente lontano dalla zona colpita dal dolore che pone il bambino in una condizione di fiducia verso la nuove possibilità di guarigione.
Il rivale
Doppia dose di baci e affetto per consolare un bambino appena caduto o mogio per la febbre alta o l’infiammazione delle orecchie ecc è nella maggior parte dei casi super funzionale e vincente ma non tutti i bambini amano ricevere protezione o consolazione quando un malessere, un dolore o uno spavento ha provocato in loro umiliazione.
Se avete un bambino che rifiuta la consolazione provate con l’alleanza contro un ipotetico rivale, un nemico comune.
Consiste nello spingerli a sfogarsi, ad arrabbiarsi contro l’ingiustizia subita: quel cattivissimo sasso che si trovava proprio li all’altezza del suo ginocchio, quella mascalzona della febbre che vuole scaldarsi nel suo corpicino, la birbante della buca che ci ha fatto inciampare. Esternare rabbia è spesso un sistema per esprimere una frustrazione e farla scemare.
Tutto il resto è noia, d’estate ancor di più
Tutto il resto è noia, no non ho detto gioia, ma noia noia noia.
Se dapprima un infortunio che ci costringe a casa appare come una fantastica opportunità per saltare qualche giorno di scuola e una febbre alta ci evita quella gita noiosa, appena il bambino prende consapevolezza del tempo che non scorre affatto a casa ammalato, comincia a subire la noia.
Figuriamoci l’estate che tragedia!
Un bambino annoiato percepisce il dolore ancora più intensamente, non tanto perché effettivamente lo sia ma perché non ha altro a cui pensare e solo a causa del suo malanno si trova li a non far nulla mentre gli altri tutti insieme chissà cosa mai staranno combinando.
Noi genitori anche lo percepiamo maggiormente, è estate vorremmo andare al mare, vorremmo partire, fare attività e partecipare ad iniziative differenti dalle solite che viviamo nel quotidiano e invece siamo costretti a casa con il nostro bimbo ammalato o infortunato…il tempo non passa più! Aiutoooo!
Non poter fare alcuni movimenti, non poter uscire, non poter stare con gli amici sono tutte limitazioni che aggravano lo stato di salute del bambino alimentando malumore e insofferenza.
Come aiutare un bambino a trovare interessi nuovi e affrontare la noia?
Io con Flavio ho iniziato con libri e film fuori dal suo target, così almeno non alimentavo anche la mia di noia, non ne potevo più di cartoni animati.
Mi spiego meglio: ho pensato di regalargli un momento di “crescita” in cui concedevo un libro che solitamente non lasciavo sfogliargli perché troppo da grandi, con immagini piuttosto esplicite, ho proposto film a cartoni, giustificando la cosa come una sua nuova capacità acquisita ossia quella di essere diventato un po grande e poter guardare un film da grandi e non solo cartoni adatti alla sua età.
Questa dose di fiducia va ponderata per bene, perché lasciandogli sfogliare un mio libro su una serie di Netflix vietata ai minori di 14 anni “Stranger Things” lo ha portato a chiedermi di poterne vedere il film, decisamente non adatto a lui. Fortunatamente non è un bambino che si lascia molto suggestionare dalle immagini e comunque ogni volta che una scena era molto forte ho giocato sulla finzione, sulla maschera, sul travestimento, aiutata dal fatto che insegnando teatro moltissime volte con Flavio abbiamo giocato a fare finta però devi stare sempre attenta ad edulcorare il messaggio, a scemare la frase detta o sdrammatizzare l’immagine forte ricevuta.
Ed è così che abbiamo fatto una scorpacciata di “mamma ho perso l’aereo”, “Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi”, “Et- l’extraterrestre”, “La gnomo mobile”, “Albert e Alice (Bigfoot)”, “I Goonies”, “stand By Me”.